NN 161 - Sanders del Fiume - Edgard Wallace by Edgard Wallace

NN 161 - Sanders del Fiume - Edgard Wallace by Edgard Wallace

autore:Edgard Wallace [Wallace, Edgard]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


CAPITOLO OTTAVO

Se non vi riesce di capire in che modo dal bene possa scaturire il male, vi consiglio di andare con una vanga su un terreno vergine, coperto di humus. Vi troverete un’erbetta tenera e dolce, senza un segno di sterpi né di erbacce, esattamente come Dio l’ha creata. Mettetevi con la vanga a rivoltare le zolle, con l’intenzione di migliorare l’opera divina, e alla prossima stagione vedrete il terreno invaso da una vegetazione parassita, ispida, nodosa.

La vostra vanga ha ridestato il sopito seme del male, ha fatto germogliare un tripudio di vita prepotente che soffoca le pianticelle da voi messe nello stesso terreno. In venti anni, con una coltivazione razionale, riuscirete a debellare gli sterpi e otterrete un buon prato erboso, ma vi ci vorrà un lavoro incredibile.

Le vostre mire, nel disturbare la terra primordiale, saranno state delle migliori, avrete visto crescere dei cespi di rose dove c’era la semplice erba; ma queste intenzioni non cambieranno il risultato.

Io applico questa parabola alla storia di un certo missionario e della sua opera. Era un brav’uomo, quel missionario, per quanto la sua pelle non fosse bianca. Aveva una grande idea del proprio dovere verso i suoi simili; si sentiva ispirato dall’opera svolta dalla sua missione in un altro paese; ma, come disse giustamente Sanders: “l’Africa non è l’India.”

Kenneth Mac Dolan si recò dal commissario Sanders con una lettera di presentazione del nuovo Amministratore.

Sanders era a tavola, quella sfolgorante mattina, quando il suo servo Abibu, che era anche il suo sergente, gli presentò un biglietto da visita: un cartoncino elegante, lungo e sottile, con gli angoli rotondi e la costa dorata: al centro, in minuscolo corsivo c’era scritto: Rev. Kenneth Mac Dolan.

Sotto il nome poche parole a matita: “Per un breve colloquio”.

Sanders sbuffò d’impazienza, perché “reverendo” significava

“missionari”, e “missionari” voleva dire noie senza fine. Considerò di nuovo il biglietto da visita e perplesso aggrottò le sopracciglia.

- Dov ’ è? - domandò.

- Padrone - disse Abibu, - sta sulla veranda. Devo scacciarlo a pedate?

Abibu aveva parlato con grande naturalezza e semplicità, e Sanders lo guardò fisso.

- Figlio del peccato! - disse con severità. - Così tu parli degli uomini di Dio, e uomini bianchi, per giunta?-

- Questo indossa gli abiti di uomo-dio - replicò serenamente Abibu, - ma è negro; e perciò di nessuna importanza.

Sanders imprecò fra i denti

- I missionari bianchi passino pure, ma i missionari negri non posso proprio soffrirli.

Il reverendo Kenneth era seduto sulla poltrona di vimini di Sanders, con una gamba negligentemente a cavallo del bracciolo, per mettere in mostra un calzino di seta. Stava con i polpastrelli delle due mani congiunti, contemplava con bonaria condiscendenza il giardinetto che formava l’orgoglio particolare del commissario.

Era nero, nerissimo di pelle, ma aveva maniere disinvolte e un portamento pieno di sicurezza.

Fece sorridendo un cenno col capo a Sanders e gli tese languidamente la mano.

- Ah, signor commissario - disse in un inglese impeccabile, -ho sentito parlare molto di lei.

- Si alzi da quella sedia - replicò Sanders, che aveva le maniere brusche - quando è in mia presenza.



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